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Nel corso del 1975 la famosa rivista sovietica di dama e scacchi «64» ha pubblicato a puntate
una storia del gioco della dama trattata e adattata in russo da Murahveri (dal libro «Storia e bibliografia completa del gioco della dama» di K.
Kruiswijk). In Italia non esistono nè sono state tradotte opere del genere, perciò pensiamo di far cosa gradita ai nostri lettori
riproponendo gli articoli apparsi su «64». |
Le ricerche archeologiche hanno confermato che già molti secoli prima dell'era cristiana esistevano giochi con la damiera (tavola) e le pedine. Un completo di questo tipo di giochi (una damiera 3x6 con pedine rotonde) il più antico (circa 5000 a.C.), appartenente al periodo predinastico che termina nel 2900 a.C., è stato trovato in Egitto, nella città di El-Mahash. La tavola (damiera) è divisa in tre linee orizzontali e si trova attualmente in un museo di Bruxelles.
I giochi su tavola dell'antico Egitto sono stati spesso paragonati al gioco della dama.
Parlando di questi giochi nella «Rivista Archeologica» francese, alcuni famosi archeologi del secolo scorso scrivevano «Jeu de dames» e «draughts». Questa terminologia però derivava dalla inesattezza
delle descrizioni. Il gioco dell'antico Egitto aveva in comune con la dama di oggi solo la damiera e le pedine tutte uguali.
Il Murray, nel suo libro «Giochi nel mondo antico», dice: «Tutti questi giochi erano probabilmente giochi di corsa delle figure complicati solamente dalla necessità di usare la damiera con i quadrati
segnati». Si presume che i quadrati segnati erano posti «fuori pericolo» e le figure che li occupavano non potevano essere prese. Giochi simili a quelli egiziani sono stati ritrovati in Mesopotamia,
nell'Asia Minore e a Creta.
Al periodo della quinta dinastia (2465-2328 a.C.) appartengono i giochi sulla damiera 6x6. Questo può considerarsi prototipo del gioco del «Senato» di epoca più recente.
Non si è in grado di stabilire delle analogie fra l'antico gioco egiziano e quello della dama attuale, perchè le pergarnene di quel periodo, pur conservando le immagini dei giocatori non riportano le regole del gioco in modo completo e chiaro.
Su una di quelle pergamene è stata trovata l'immagine del faraone Ramsete III che, con
una donna, gioca su una damiera 6x6. Nella stessa pergamena è descritta anche la partita, ma fino ad oggi non è stata ancora decifrata.
A proposito lo studioso tedesco Videmann scrisse nel 1897: «La difficoltà maggiore consiste nel fatto che gli autori egiziani, anche quando parlavano di cose semplici, come in questo caso, usavano
sempre un linguaggio mistico. Perciò diventa impossibile penetrare nella logica dello scritto».
Nella tomba egizia di Kurna, vicino a Fiv, datata 1350 a.C. sono stati trovati diagrammi di damiere 9x9, più grandi e con maggior numero di quadrati di quelle usate per il gioco dell'alkerk o querques (quest'ultimo si giocava su damiere 5x5 e le pedine si muovevano verticalmente, orizzontalmente e diagonalmente). Probabilmente le regole per prendere le pedine avversarie erano simili a quelle della dama (salto sopra le stesse). Ma il movimento delle pedine avveniva sulle linee e non sui quadrati come per la dama, perciò non è possibile ritenere questi giochi come prototipi della dama. Altrimenti si potrebbe paragonare alla dama anche l'antico e diffuso gioco orientale del «go», che non ha alcuna somiglianza con essa.
Presso gli antichi greci erano diffusi due giochi con la damiera: la «petteia» e la «cubea»
(da cubo/dado). Giocando la petteia si usavano solo la damiera e le pedine; nella cubea, invece, oltre a queste si usava anche un dado che veniva gettato prima di ogni mossa. Nel completo di questo
gioco infatti, oltre alla damiera e alle pedine era compreso anche il dado.
La parola Petteia deriva dal termine greco «pessos» (plurale «pessoi») che indicava le pedine del gioco. Per la prima volta il termine «pessoi» (nel senso di pedine) fu usato da Omero nell'Odissea
descrivendo i pretendenti di Penelope. Bisogna però tener presente che prima della comparsa della «petteia» il termine «pessoi» poteva semplicemente indicare le pedine di qualsiasi altro gioco non
legato all'uso della damiera.
La seconda volta il termine «pessoi» viene usato da Erodoto (484-424 a.C.) nelle sue «Storie». Descrivendo la vita degli antichi abitanti della Lidia: «... c'erano le pedine (pessoi) per il gioco
sulla damiera ed essi (i lidi) giocando dimenticavano la fame».
Nel museo etrusco-gregoriano del Vaticano si trova un'anfora di Exekias (datata 530-525 a.C.) su cui sono raffigurati Achille ed Ajace seduti, mentre giocano. Dal disegno si può notare che entrambi stanno muovendo delle pedine su una damiera. Non è possibile però stabilire le dimensioni della damiera nè la forma delle pedine. L'unica testimonianza archeologica che riguarda questo gioco è il gruppo di terracotta ritrovato ad Atene da K. Bursian e del quale diede per la prima volta notizia nel 1855 Hugo Blumner: «Il gruppo di terracotta di Atene illustra questo gioco (petteia) rappresentando un ragazzo e una donna che giocano attorniati dal pubblico. La damiera, composta da 42 quadrati, si vede dall'alto con 12 pedine patte distribuite in modo irregolare. Non si può, nonostante tutto, stabilire con sicurezza l'esatta posizione delle pedine sulla damiera».
Più tardi per il gioco con le pedine (pessoi) si usò il termine «polis» (città). Questa
parola viene usata per la prima volta da Euripide (480-406 a.C.) nella sua tragedia «Le supplici». Uno degli abitanti di Tebe chiede a Teseo come era governato il suo paese. Teseo risponde che nella
democratica Atene, come le pedine (pessoi) del gioco «polis», tutti gli abitanti, sono uguali.
Le regole del gioco della petteia (polis) sono descritte nell'«Onomastikon» dell'oratore Giulio Polluce (scritto attorno al 170 d.C.). L'oratore spiega che i giocatori devono portare le pedine
dall'altra parte della damiera, nella propria «città». E se la pedina viene circontata da due parti dalle pedine dell'altro colore, essa può essere eliminata. Così, la pedina che ha perso il contatto
con le altre pedine dello stesso colore, può essere facilmente attaccata e presa.
Da questo gioco trae un paragone lo stesso Aristotele (384-322 a.C.) quando nella sua «Politica» parla dei greci cacciati dalla città di Atene (apolidi), paragonandoli alle pedine che, rimaste isolate da quelle dello stesso colore, devono aspettarsi grandi tribolazioni. Oltre alla patteia e alla ricordata cubea, in Grecia era in uso anche un altro gioco sulla damiera. Secondo il Murray questo gioco si giocava su una damiera senza quadrati, ma con sole linee, come si può dedurre dal nome stesso «Pentagramma» (cinque linee). Anche Polluce ha ricordato questo gioco sostenendo che derivava da un'altro molto più antico di cui però non sono rimaste tracce attendibili.